Ordinanza dr. Serra 12.05.2013
ORDINANZA
I. Sul fumus
1. Non può applicarsi al caso di specie la disciplina prevista dall’art. 587 c.p.c., secondo cui l’aggiudicatario inadempiente, dichiarato decaduto, è tenuto al pagamento della differenza tra il prezzo di aggiudicazione e quello, inferiore, raggiunto con un nuovo incanto, dal momento che un secondo incanto non vi è stato.
Non può peraltro sostituirsi al prezzo del “nuovo incanto” previsto dall’art. 587 c.p.c. quello della “alienazione immediata” disposta dalla procedura ai sensi dell’art. 104 ter comma VI l. fall., posto che le due forme di liquidazione, strutturalmente diverse, sono potenzialmente idonee a produrre risultati economici diversi.
2. Ove non possa trovare applicazione l’art. 587 c.p.c., il comportamento dell’aggiudicatario inadempiente deve restare soggetto alla disciplina generale di cui all’art. 1337 c.c..
Secondo la giurisprudenza, invero, nella liquidazione dell’attivo fallimentare “possono innestarsi, entro i limiti di una ragionevole compatibilità, aspetti tipici della contrattazione privata” (così in motivazione Cass. 19142/06, che pure esclude – ma in riferimento ad una fattispecie diversa da quello oggetto del presente processo - le conseguenze dell’art. 1337 c.c.), e tra tale aspetti è logico comprendere anche la disciplina della responsabilità precontrattuale, ove il Fallimento abbia ritenuto di discostarsi dallo schema previsto dall’art. 587 c.p.c..
Diversamente opinando, si lascerebbe privo di sanzione l’inadempimento dell’aggiudicatario, che non perde nulla del suo disvalore per il fatto che la procedura si sia orientata verso una forma di liquidazione diversa da quella ordinaria.
3. Ai sensi dell’art. 1337 c.c. l’ingiustificato rifiuto di concludere il contratto determina il diritto al risarcimento del danno, che può essere rappresentato (anche) dalla perdita di altre favorevoli occasioni contrattuali.
Nel caso in esame non vi è dubbio che il rifiuto di Assaloni s.r.l. e Zaccaria s.r.l. di adempiere alle condizioni di aggiudicazioni sia di fatto privo di ogni giustificazione (“… comunicano di non essere nelle condizioni di adempiere alle obbligazioni assunte, alla luce delle caratteristiche dell’investimento, così come emerse anche da ultimo e che ci riserviamo di comunicare”).
È altrettanto chiaro che, per effetto del comportamento delle società aggiudicatarie, il Fallimento ha perso l’opportunità di vendere il complesso aziendale all’altra concorrente (Wimat s.r.l.), che era arrivata ad offrire € 5.100.000,00 (superati dal “rilancio” finale ad € 5.110.000,00 di Assaloni e Zaccaria).
4. Il pregiudizio matrialmente subito dal Fallimento è quindi pari alla differenza tra il prezzo offerto da Wimat in sede di gara e quello che la stessa Wimat è stata disponibile a pagare successivamente (€ 3.820.000,00), ovvero € 1.280.000,00.
5. Ai fini della determinazione del danno risarcibile, occorre tuttavia accertare se, ai sensi dell’art. 1227 comma 2 c.c., il pregiudizio imputabile alll’inadempimento delle aggiudicatarie sia stato accresciuto dal comportamento del Fallimento, che abbia negligentemente omesso di adoperarsi per evitare l’aggravamento del danno o per ridurne le conseuenze.
È, come noto, onere del danneggiante dare prova della negligenza del creditore (Cass. 564/05).
Nel caso in esame, le resistenti hanno eccepito che il Fallimento avrebbe aggravato le conseguenze dell’inadempimento, omettendo di indire una nuova gara, proponendo la vendita dell’azienda unicamente a Wimat ed accettando il prezzo da quest’ultima indicato, inferiore non solo ai risultati dell’asta ma anche alla prima offerta della stessa Wimat (€ 4.000.000,00).
L’eccezione non ha sufficienti riscontri.
È conforme alle regole generali in materia di obbligazioni valutare l’ “ordinaria diligenza” richiesta al creditore in senso relativo, e cioè con riferimento alla natura del rapporto intercorso ed alla qualità delle parti, sulla base di indici oggettivamente apprezzabili.
Nel caso in esame, occorre considerare che:
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